top of page

DISTURBO DI PANICO  ( DP )

Il Disturbo di Panico (ex Disturbo da Attacchi di Panico - DAP) è un disturbo con precise caratteristiche, che prevede anche precise strategie di intervento. E’ particolarmente frequente in età giovanile.

​

L’ATTACCO

I sintomi sono gli stessi che si verificano in corso di ansia, ma nel DP hanno il carattere improvviso e violento dell’attacco e si accompagnano ad una altrettanto improvvisa sensazione di panico. Il DP costituisce, perciò, un fulmine a ciel sereno: solitamente, dopo l’insorgenza brusca  e   senza   preavviso ed una durata molto breve ( secondi o minuti ), scompare, lasciando spesso una sensazione, più o meno prolungata (anche molte ore), di spossatezza, confusione, senso di squilibrio o altro.

I sintomi più tipici sono:

  • Fisici - Tachicardia, Palpitazioni, Vertigini, Vampate di caldo o freddo, Sudorazione, Formicolii, Senso di soffocamento, Fame d’aria,  Tremori,  Senso di oppressione  e/o al torace, Nausea.  Questi ( o altri, meno frequenti ) sintomi possono essere presenti singolarmente o in combinazione fra loro.  

  • Psichici – Panico, Paura di morire, Paura di impazzire, Senso di confusione mentale, Senso di irrealtà, Senso di depersonalizzazione, Senso di perdita di controllo. -

Solitamente, quando si verifica il primo attacco, esso viene interpretato dal paziente come un grave malore fisico; in realtà, non accade nessun evento che comporti rischio per la salute fisica o psichica. Tuttavia, la sensazione è proprio quella che si ha in presenza di un drammatico guasto dell’organismo. Di conseguenza, il comportamento emozionale e pratico del paziente è lo stesso che avrebbe in caso di reale emergenza.

Il ricorso alla Guardia Medica, all’ambulanza, al Pronto Soccorso, si concretizza in risposte rassicuranti, poiché l’esame clinico, l’elettrocardiogramma e altri controlli non rilevano, logicamente, nessuna patologia. E’ frequente che, dopo tali controlli, il paziente si rassicuri e torni gradualmente allo stato di tranquillità e alla sua vita normale.

Il secondo attacco ha il potere di rimettere in discussione la diagnosi effettuata in occasione del primo e sorgono dubbi angosciosi circa eventuali errori ed omissioni commessi durante la precedente valutazione clinica:

Eppure qualcosa che non va deve esserci, se continuo a sentirmi male! ”. Quindi vengono consultati nuovamente i medici (il curante e/o vari specialisti), i quali non possono che ribadire la diagnosi di fenomeno nervoso (cioè una manifestazione fisica neurovegetativa). Il paziente, spesso, interpreta male questa definizione, pensando che significhi che crede di avere un sintomo che non ha, oppure che nervoso significhi agitato, irritabile, cosa che non riscontra in sé. Perciò, facilmente, si sente incompreso e ciò alimenta la sua sfiducia, sia nei confronti dei medici che delle loro diagnosi. Il rischio è che si ritiri in una dolorosa convivenza con il Disturbo, esponendosi alla cronicizzazione e alle complicanze.

      

EVOLUZIONE E COMPLICANZE 

  Il tempo successivo all’attacco diventa il tempo in cui si attende il prossimo, imprevedibile. Pertanto, adesso, quando non c’è l’attacco c’è l’ansia anticipatoria. Nel tempo, specialmente se gli attacchi prendono il carattere di minori, ovvero con sintomi più lievi, il quadro può diventare indistinguibile da quello dell’ansia, con possibili ricadute sulla scelta dei provvedimenti terapeutici. Per questo motivo è fondamentale indagare sulle modalità di esordio di una sindrome ansiosa giunta all’osservazione del medico: “come e quando è iniziato ?”.

Il timore del possibile/probabile ripetersi di attacchi induce il paziente a mantenersi in condizioni di sicurezza. Pertanto verranno progressivamente evitate situazioni considerate a rischio, come il recarsi da soli in luoghi lontani, in luoghi affollati, il guidare un veicolo, etc. Ovvero, quelle situazioni in cui il sentirsi male può comportare secondo il paziente, conseguenze fatali ( come il guidare ) o ostacolare un pronto soccorso ( luoghi lontani, luoghi affollati ).

Questa evoluzione verso l’evitamento viene detta Agorafobia ed ha il potere di ridurre fortemente il raggio d’azione del paziente, relativamente ai propri impegni ed alle proprie frequentazioni sociali. Il risultato è un peggioramento della qualità della vita, che comporta uno stato di progressiva demoralizzazione; a volte, compare un vero e proprio stato depressivo, condizione che presenta, per certi aspetti, alcuni punti di contatto con il DP. 

PROGNOSI 

Il DP tende – se non trattato adeguatamente - alla recidiva, sia a breve che a lungo e lunghissimo termine.

La diagnosi precoce, la corretta applicazione delle  singole procedure terapeutiche, ed in misura ancora maggiore il trattamento combinato farmaco- e psico- terapico, migliorano sia il risultato che la prognosi a distanza.

​

​

​

​marco tanzella psichiatra prato

ASPETTI PSICOLOGICI 

Nella storia personale dei pazienti con DP è molto frequente trovare eventi relativi ad esperienze di importante perdita in epoca infantile ( ad es., morte di un genitore, separazione dei genitori, sradicamento da luoghi di vita, etc. ). Spesso, una nuova esperienza di perdita precede l’instaurarsi del primo attacco. In ogni caso, le tematiche psicologiche della perdita, della separazione   , dell’abbandono sono agevolmente rintracciabili nell’indagine psicologica. E’ come se fossero state rimosse le esperienze vitali dolorose (non necessariamente traumi, ma anche, ad esempio, esperienze soffuse nel tempo di insicurezza dei legami affettivi), salvo poi assistere al brusco riattivarsi della emozionalità ad esse collegata, sotto forma di ondate d’ansia, che includono, come sempre, ma qui più acutamente, i fenomeni fisici. Si tratta, in buona sintesi, della espressione sintomatica di una “Angoscia di separazione”  

​

INTERVENTI TERAPEUTICI

Possono essere sia farmaco-, sia  psico- terapici.

In tutti i casi, è necessario un colloquio informativo, allo scopo di restituire al paziente una comprensibilità di ciò che gli accade. Pertanto, verrà chiarito che si tratta di un quadro ben preciso e conosciuto e verranno chiariti i fenomeni in atto, soprattutto circa il fatto che una attivazione neurovegetativa, pur in assenza di stimoli identificabili sul piano cosciente e contingente, non costituisce un evento patologico sotto il profilo medico organico. Ad esempio, il fatto che una tachicardia indotta da stati emozionali non è più pericolosa di quella che si percepisce dopo aver fatto qualche rampa di scale.

 In altre parole, è necessario sostituire con dati reali le fantasie patofobi che (patofobia = paura delle malattie”). Ciò non è sufficiente a migliorare l’andamento del disturbo, ma può ridurre l’ansia anticipatoria e il clima di emergenza.  

Nei casi di recente insorgenza, come primo intervento farmacoterapico, può essere usato l’alprazolam.

Vi sono altre eventualità, nelle quali risulta più efficace, e dunque opportuno, l’uso di antidepressivi ad azione serotoninergica.

Questi casi riguardano essenzialmente:

  • I casi in cui il disturbo è molto consolidato o giunto tardivamente all’osservazione

  • I casi iniziali in cui si verifica intolleranza (sedazione, astenia) o resistenza all’Alprazolam, oppure quando  fosse necessario un dosaggio troppo alto per il controllo del disturbo.

  • I casi in cui vi è già la presenza di complicanze (depressione,  agorafobia)

Le dosi giornaliere possono variare molto a seconda dei casi.

In ogni caso, è opportuno un trattamento prolungato, salvo diversa indicazione; mediamente, da 6 a 12 mesi, con eventuale passaggio a dosi inferiori, di mantenimento, all’interno di questo lasso di tempo, o per un tempo ulteriore.

Gli interventi psicoterapici, di conseguenza, possono essere proficuamente attivati, sotto forma cognitivo-comportamentale, oppure psicoanalitica.  La scelta di quale tra le terapie psicologiche associare al trattamento farmacologico andrà valutata caso per caso e sarà suggerita dallo specialista. 

​

 

  • Facebook Basic Black
  • Google+ Basic Black

Copyright marcotanzella 2017                          marco tanzella psichiatra prato

bottom of page