
TERAPIA DELLA DEPRESSIONE MAGGIORE
La terapia della Depressione Maggiore è fondata sulla farmacoterapia, considerata la determinante presenza delle alterazioni biologiche in essere durante l’episodio.
D’altro canto, risulta di grande importanza anche l’atteggiamento terapeutico, ovvero spiegare al paziente ed ai familiari che è in atto una malattia e non una crisi esistenziale. Ne consegue l’impossibilità, da parte del paziente, di influire con la volontà sul proprio stato, cosa, invece, possibile e necessaria attraverso la farmacoterapia, capace di ripristinare il normale funzionamento neuropsichico.
Le regole fondamentali di farmacoterapia dell’Episodio Depressivo Maggiore sono ormai universalmente condivisi, per quanto alcune falle di conoscenza, relative al meccanismo d’azione, lascino spazio, talvolta, a procedure e risultati che si discostano, nel bene e nel male, da quelli previsti.
Riassumiamo i punti essenziali:
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Scelta della molecola. Il primo criterio di scelta è in funzione delle controindicazioni assolute o relative. Ad esempio, i più vecchi antidepressivi (i “triciclici”), nei casi più gravi, possono rappresentare, in virtù della loro collaudata efficacia e della loro ormai approfondita conoscenza, la prima scelta, a patto che il paziente non presenti condizioni organiche che potrebbero essere aggravate (non provocate !) dagli effetti collaterali. Per vari motivi, può comunque succedere che la persona risulti non sensibile ad una data molecola, che dovrà quindi essere poi sostituita.
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Dosaggio. Gli antidepressivi funzionano in base al tutto-o-nulla (una dose troppo bassa non fa poco, ma niente). Il dosaggio efficace è soggettivo, per quanto si riscontrino dei dosaggi medi, statisticamente definiti. Una mancata risposta deve portare ad un aumento progressivo della dose, fino ai massimi consentiti, prima di giudicare inefficace, per quel soggetto, la molecola prescelta.
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Tempo. Gli antidepressivi provocano miglioramento della sintomatologia clinica solamente dopo un periodo di assunzione (" latenza" ) che va, generalmente, da due a quattro settimane, a partire dal momento in cui si assume la dose presumibilmente efficace. Alcuni pazienti possono rispondere anche più tardivamente
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Compliance (rispetto della assunzione del farmaco). Il rispetto della compliance è, molto frequentemente, difettoso per vari motivi. Ad esempio, per la difficoltà a tollerare il tempo di latenza, per la tendenza ad autoridurre il dosaggio a causa degli effetti collaterali, per la diffidenza verso gli psicofarmaci, per l’interferenza da parte di parenti, conoscenti e, talvolta, anche di medici. Il difetto di compliance ha, come minimo, l’effetto di una riduzione complessiva della assunzione del farmaco, con conseguente rischio di inefficacia.
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Associazioni. Non tutti i pazienti e non tutti gli episodi nello stesso paziente risultano sensibili allo stesso antidepressivo. Quando nessuna monoterapia (terapia con un solo farmaco) abbia mostrato di funzionare, si può ricorrere a delle associazioni tra più farmaci.
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Durata. Per quanto non sia possibile standardizzare i tempi di cura, è certa la opportunità di una durata piuttosto lunga, pena l’alto rischio di ricaduta. Mediamente, si potrà tenere come tempi statistici di riferimento di sei mesi di trattamento con la dose risultata efficace per ottenere la remissione dei sintomi e altri sei mesi di mantenimento, solitamente con metà della dose precedente.
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​marco tanzella psichiatra prato